La storia di Paola
Paola ha 35 anni e fa la professoressa in una scuola media. Ama il suo lavoro e lo svolge con passione.
Ha sempre pensato che insegnare fosse il miglior modo per fare qualcosa di buono per sè e per gli altri. Considera i suoi studenti uno stimolo per crescere come persona e come professionista. Si sente un’insegnante autorevole, aggiornata e attenta ai bisogni dei suoi alunni.
Quella mattina era a lei che spettava il compito di vigilare sui ragazzi di seconda media durante la ricreazione. La classe le piaceva molto. Ne facevano parte ragazzini educati, rispettosi dell’autorità e apparentemente ben integrati.
Le sue convinzioni vennero stravolte proprio quel giorno, quando si accorse che in quella classe qualcosa non andava.
Lisa, 12 anni, si nascondeva dietro una colonna mangiando la sua merenda preferita mentre il resto della classe giocava spensierato. Con lo sguardo rivolto verso il basso, sembrava aspettasse con trepidazione il suono della campanella, la fine di quel momento di impaccio e il ritorno in classe.
Non appena Paola si avvicinò e appoggiò la mano sulla sua spalla, Lisa scoppiò in un pianto inconsolabile.
“Come mai piangi?” chiese l’insegnante.
Con difficoltà, tra le lacrime, Lisa le rispose che circa due mesi prima alcuni compagni avevano creato un “gruppo classe” sulla piattaforma Whatsapp, dal quale era stata esclusa perchè “la più sfigata della classe non la vogliamo”.
Lisa raccontò di esserci rimasta molto male ma di aver provato ad ignorare l’accaduto pensando fosse un momento passeggero e convincendosi che qualche amica avrebbe persuaso gli autori dell’esclusione ad inserirla nel gruppo.
Non andò così.
La settimana successiva fu creato un nuovo gruppo dal nome “Se Lisa vuole rientrare queste prove deve superare”.
Al suo interno alcuni compagni la prendevano in giro per il suo aspetto fisico e la sua bravura a scuola.
Le inviavano screenshot delle conversazioni che avvenivano nel gruppo da cui era stata esclusa, proponendole di superare alcune prove per poter rientrare a farne parte.
Le richieste spaziavano dal suggerire durante le verifiche, al perdere qualche chilo, all’inviare foto di sè in pose ridicole.
Dal racconto di Lisa si distinguevano con chiarezza i ruoli assunti dai compagni di classe.
Il cyberbullo dominante, amministratore del gruppo Whatsapp e autore dell’exclusion vera e propria; gli aiutanti con un ruolo secondario; i sostenitori del bullo, impegnati ad inviare emoticons divertite o ad incitare gli autori; gli spettatori silenti delle conversazioni; tre difensori della vittima che chiedevano di smettere.
Nessuno aveva pensato di uscire da quel gruppo o di segnalarlo all’insegnante.
La ragazzina si era rifiutata di assecondare le richieste dei compagni.
Ciò che loro chiamavano uno “scherzo per far ridere” si era rivelato una vera e propria azione diffamatoria, che vedeva protagonista gran parte della classe.
In quella situazione, l’unica cosa che Lisa sapeva con certezza era che non ne avrebbe parlato con i genitori.
Era arrabbiata, triste e si sentiva sola.
Cosa fare al posto di Paola?
5 suggerimenti pratici
- Ascoltare empaticamente la vittima provando a mettersi nei suoi panni.
La aiuterà a sentirsi accolta e a percepire l’insegnante come risorsa affinchè la situazione si risolva in positivo.
La sua richiesta d’aiuto deve essere contenuta con sensibilità, sospendendo il (pre)giudizio e rinunciando alla minimizzazione.
La rete non ha confini e per le vittime non c’è tregua alle prepotenze, neppure tra le mura domestiche.
Il senso di impotenza e di persecuzione fanno della vittima una persona che ha bisogno di alleati per riacquistare fiducia in sè e negli altri.
È importante proporsi come figura autorevole, rassicurando sul fatto che tutto si risolverà e suggerendo di conservare il materiale offensivo.
- Comunicare l’accaduto al Dirigente Scolastico e convocare le famiglie degli autori e della vittima.
L’incontro con i genitori avrà lo scopo di informarli dell’accaduto e dei provvedimenti disciplinari. Sarà l’occasione per mostrare alle famiglie strategie di intervento educative adeguate, che contengano i comportamenti disfunzionali dei figli.
I ragazzini, anche se in apparenza più competenti di un adulto nella navigazione, in realtà non lo sono.
La velocità d’uso non corrisponde ad una competenza d’uso. Sono minori che spesso frequentano la scuola media ed è compito dell’adulto adempiere al proprio ruolo educativo senza rinunciare alle regole.
- Parlare dell’accaduto in classe.
L’obiettivo sarà ricostruire attentamente l’accaduto, facendo emergere le motivazioni, le responsabilità e le ricadute sul piano emotivo dei soggetti coinvolti e degli spettatori passivi.
Grande attenzione sarà data al ruolo che gli spettatori hanno avuto nella vicenda e alla loro corresponsabilità nell’arrecare danno alla vittima.
La responsabilità è anche giuridica.
Attività
Dopo aver formulato le regole che la classe dovrà rispettare nel nuovo gruppo classe di Whatsapp, si appenderà il “Quadro delle regole social” sulla parete dell’aula, riproponendo momenti di discussione in classe a distanza di tempo.
L’insegnante sceglierà tra gli studenti due Moderatori delle conversazioni Whatsapp e un Amministratore autorevole che sanzionerà i comportamenti negativi e li segnalerà. Perchè non affidare questo compito proprio al bullo e affiancarlo nel suo nuovo ruolo di amministratore a quella che era stata una sua vittima? L’insegnante utilizzerà il “Quadro delle regole social” come strumento per monitorare nel tempo il livello di benessere del gruppo e l’eventuale violazione delle regole.
- Rivolgersi allo psicologo.
Il focus dell’intervento sarà quello di definire le problematiche della rete, individuare le strategie necessarie per farvi fronte, attivare le risorse degli alunni affinchè comprendano i concetti di responsabilità sociale e giuridica delle proprie azioni, rilevare eventuali elementi conflittuali, incrementare la capacità di riconoscere e dare un nome alle proprie e altrui emozioni.
- Coinvolgimento della Polizia postale e delle comunicazioni nei casi più gravi di diffamazione, estorsione, utilizzo e circolazione impropria di immagini di minore online, furto d’identità, adescamento di minore etc.
La frequenza con cui si verificano episodi di cyberbullismo come quello descritto è molto alta e necessita di un monitoraggio costante da parte della scuola, delle famiglie e di chi si occupa di educazione.
Dott.ssa Michela Serina
Articolo molto utile e ricco di suggerimenti.Complimenti Michela
Buongiorno Romy, la ringrazio per questo suo contributo.