Conoscere le caratteristiche delle forme di aggressività che dilagano nelle scuole può aiutare l’insegnante a valutare le strategie di intervento più funzionali in una specifica situazione.
Di seguito, 7 concetti teorici da non trascurare quando si lavora con i minori:
- Il bullismo e il cyberbullismo sono aggressioni intenzionali, finalizzate a causare un danno fisico o psicologico, ripetute nel tempo e caratterizzate da uno squilibrio di potere (fisico, sociale, relazionale e psicologico) tra il bullo/il gruppo/il social network e la vittima.
- Il bullismo è una forma di aggressione proattiva, diretta verso i pari.
A differenza dell’aggressione reattiva (intesa come un atto di difesa o ritorsione nei confronti di qualcuno o qualcosa percepito come minaccioso o provocatorio), l’aggressione proattiva non è provocata ma è finalizzata a raggiungere un obiettivo personale.
I ragazzi, ad esempio, tendono ad utilizzare forme di bullismo palesi e dirette (minacce verbali, prepotenze fisiche) per ottenere l’approvazione nel gruppo o per mostrare la propria superiorità fisica e sociale, danneggiando quella altrui.
Le ragazze tendono invece ad utilizzare forme di bullismo indirette, meno visibili e più relazionali (pettegolezzi, manipolazione delle amicizie), per ferire la vittima e ottenere la sua esclusione sociale.
- A livello contestuale, il bullismo tradizionale è un fenomeno circoscritto alla classe o al cortile della scuola. Qui avvengono le ripetute prepotenze che si esauriscono temporaneamente una volta tornati a casa.
- Nel cyberbullismo, le aggressioni possono raggiungere la vittima in qualsiasi luogo si trovi, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ovunque vi sia connessione.
- Spesso l’autore delle prepotenze online agisce nell’anonimato, ampliando il senso di impotenza, minaccia e insicurezza della vittima.
L’anonimato deresponsabilizza l’autore e lo fa sentire erroneamente protetto.
In realtà, tutto online lascia traccia.
- Nel cyberbullismo, la percezione delle reazioni emotive e dell’intensità del dolore provocato è inficiata dalla distanza imposta dalla tecnologia.
La rete tende a disinibire comportamenti aggressivi a scapito della capacità di mettersi nei panni dell’altro.
- Il pubblico che assiste alle vessazioni online è potenzialmente molto più vasto.
Si pensi alla rapidità con cui un’immagine o un video possono essere visualizzati e condivisi da chiunque, in qualsiasi momento.
Capiamo bene come l’elemento della visibilità, connesso a quello della vergogna, sia un aspetto centrale del cyberbullismo.
‘Maggiore è il numero di persone che riceve la mia foto modificata o che guarda il video in cui vengo deriso, maggiore sarà la percezione d’assenza di una via di fuga alla vergogna.
La mia figuraccia rimarrà sempre negli occhi e nella memoria dei suoi spettatori.
Come rimediare?
Cambiando classe o scuola? Gruppo di amici? Città?
Non basterebbe’.
Ad un’esperienza di vergogna non c’è riparazione.
La vastità del pubblico può causare nella vittima l’angoscia di essere riconosciuta in qualsiasi luogo scelga di ricominciare.
Per questo motivo il cyberbullismo non può essere considerato una semplice aggressione ma, nei casi più gravi, una vera e propria esperienza persecutoria.
La capacità di chiedere aiuto si rivela invece una risorsa per far fronte alla vergogna, alla vittimizzazione e al rischio di ritirarsi dalle relazioni sociali (Tonioni, 2014).
Dott.ssa Michela Serina
Per approfondire: Tonioni, F.(2014). Cyberbullismo.Come aiutare le vittime e i persecutori. Mondadori. Milano.